Bastian Schweinsteiger
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Bastian Schweinsteiger
Il vice capitano di Nazionale e Bayern.
Tornato ai livelli dei Mondiali sudafricani, dopo un paio d'anni deludenti!
Köpke- Messaggi : 276
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Re: Bastian Schweinsteiger
Forza Schweini!
schweini ultra muc- Messaggi : 548
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Re: Bastian Schweinsteiger
Il guerriero Schweinsteiger e il trionfo della filosofia revanscista
“In mancanza di giocatori dotati di vera leadership i club tedeschi dovranno aspettare un bel po' prima di vincere un torneo internazionale”. Sono parole di Oliver Kahn dell’estate 2011, quando l’ex portiere del Bayern e della Germania criticò aspramente – e nemmeno troppo velatamente – Lahm e Schweinsteiger, i due giocatori chiamati a colmare il vuoto che lo stesso Kahn e Michael Ballack avevano lasciato sia al Bayern che in Nazionale.
Se voleva essere uno stimolo, ha funzionato.
Il Bastian Schweinsteiger visto nella finalissima contro l’Argentina (e non solo) è il prototipo del leader sul campo, un guerriero che non si ferma davanti a niente, sia un tackle duro, un crampo o un pugno in faccia. Un soldato temprato da tante battaglie, più dalle sconfitte che dalle vittorie, in un crescendo che – di rivincita in rivincita – l’ha portato prima a eguagliare i successi di Kahn (leggasi: Champions League) e poi a superarlo nella notte magica di Rio de Janeiro, conquistando l’unico trofeo che era sfuggito al portierone nel 2002.
Lo Schweinsteiger che sale la scalinata per andare ad alzare la coppa, con quella guancia sfregiata, è il simbolo della Germania. Una Germania che non ha voluto arrendersi di fronte al destino di eterna incompiuta, di squadra giovane, bella e talentuosa, ma mai vincente.
La finale dell'Europeo 2008 contro la Spagna, quella del Bayern in Champions contro l’Inter, quindi la sconfitta nella semifinale mondiale 2010, di nuovo contro gli spagnoli. Poi è andata ancora peggio: l’incubo di Balotelli, la maledizione targata Drogba e quel rigore finito contro il palo all’Allianz Arena, la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso: “Basta, ora si vince”.
Da quel momento Schweinsteiger non si è più fermato, firmando due stagioni sontuose in cui Bayern e Germania hanno vinto tutto (pensate, in due anni tra club e nazionale Bastian ha perso solo 7 partite). Le parole di Kahn, rilette ora, sembrano assurde, insensate, eppure al tempo si trattava di una critica del tutto lecita. Serviva perdere, soffrire, per crescere e vincere. Nello sport succede spesso, quasi sempre ai massimi livelli: è la determinazione a fare la differenza.
Drogba dopo il trionfo in Champions League del 2012 a Monaco dichiarò: “Dovevo vincere questa partita per sentirmi in pace con me stesso”. Il ricordo dell’espulsione nella finale del 2008 era troppo amaro per l’ivoriano. Stesso discorso per Kahn che nel 2001 cancellò il Valencia ai rigori a San Siro, asciugandosi le lacrime del ’99, mentre a Ronaldo servì una doppietta nella finale del Mondiale nippo-coreano per dimenticare il malore del ’98.
Ricordi che si intrecciano nella stessa equazione, quella che dimostra perché sia tanto difficile vincere due Mondiali o due Champions League consecutivamente. La voglia di riscatto, di rivincita, è molto è più forte del desiderio di confermarsi al top: è una sfida mentalmente più concreta perché è un duello con gli avversari, non solamente con sé stessi.
È la determinazione che avete visto negli occhi di Robben in Brasile (quanto pesavano quei due errori nella finale del 2010…) ed è la cattiveria agonistica che ha permesso alla Germania di superare i momenti difficili del Mondiale, dal Ghana all’Algeria al primo tempo della finalissima… Non poteva che finire così, con l’ennesimo successo della filosofia revanscista, perché in uno sport giocato ad altissimi livelli come il calcio basta un centimetro, un decimo di secondo, quello che ti può dare la testa più che la gamba. Quello che Schweinsteiger ha dimostrato di possedere, Messi e Higuain ancora no.
di Luca STACUL (Twitter @LucaStacul)
https://it.eurosport.yahoo.com/blog/eurolandia/nuovo-schweinsteiger-%C3%A8-guerriero-imbattibile-132914860--sow.html
“In mancanza di giocatori dotati di vera leadership i club tedeschi dovranno aspettare un bel po' prima di vincere un torneo internazionale”. Sono parole di Oliver Kahn dell’estate 2011, quando l’ex portiere del Bayern e della Germania criticò aspramente – e nemmeno troppo velatamente – Lahm e Schweinsteiger, i due giocatori chiamati a colmare il vuoto che lo stesso Kahn e Michael Ballack avevano lasciato sia al Bayern che in Nazionale.
Se voleva essere uno stimolo, ha funzionato.
Il Bastian Schweinsteiger visto nella finalissima contro l’Argentina (e non solo) è il prototipo del leader sul campo, un guerriero che non si ferma davanti a niente, sia un tackle duro, un crampo o un pugno in faccia. Un soldato temprato da tante battaglie, più dalle sconfitte che dalle vittorie, in un crescendo che – di rivincita in rivincita – l’ha portato prima a eguagliare i successi di Kahn (leggasi: Champions League) e poi a superarlo nella notte magica di Rio de Janeiro, conquistando l’unico trofeo che era sfuggito al portierone nel 2002.
Lo Schweinsteiger che sale la scalinata per andare ad alzare la coppa, con quella guancia sfregiata, è il simbolo della Germania. Una Germania che non ha voluto arrendersi di fronte al destino di eterna incompiuta, di squadra giovane, bella e talentuosa, ma mai vincente.
La finale dell'Europeo 2008 contro la Spagna, quella del Bayern in Champions contro l’Inter, quindi la sconfitta nella semifinale mondiale 2010, di nuovo contro gli spagnoli. Poi è andata ancora peggio: l’incubo di Balotelli, la maledizione targata Drogba e quel rigore finito contro il palo all’Allianz Arena, la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso: “Basta, ora si vince”.
Da quel momento Schweinsteiger non si è più fermato, firmando due stagioni sontuose in cui Bayern e Germania hanno vinto tutto (pensate, in due anni tra club e nazionale Bastian ha perso solo 7 partite). Le parole di Kahn, rilette ora, sembrano assurde, insensate, eppure al tempo si trattava di una critica del tutto lecita. Serviva perdere, soffrire, per crescere e vincere. Nello sport succede spesso, quasi sempre ai massimi livelli: è la determinazione a fare la differenza.
Drogba dopo il trionfo in Champions League del 2012 a Monaco dichiarò: “Dovevo vincere questa partita per sentirmi in pace con me stesso”. Il ricordo dell’espulsione nella finale del 2008 era troppo amaro per l’ivoriano. Stesso discorso per Kahn che nel 2001 cancellò il Valencia ai rigori a San Siro, asciugandosi le lacrime del ’99, mentre a Ronaldo servì una doppietta nella finale del Mondiale nippo-coreano per dimenticare il malore del ’98.
Ricordi che si intrecciano nella stessa equazione, quella che dimostra perché sia tanto difficile vincere due Mondiali o due Champions League consecutivamente. La voglia di riscatto, di rivincita, è molto è più forte del desiderio di confermarsi al top: è una sfida mentalmente più concreta perché è un duello con gli avversari, non solamente con sé stessi.
È la determinazione che avete visto negli occhi di Robben in Brasile (quanto pesavano quei due errori nella finale del 2010…) ed è la cattiveria agonistica che ha permesso alla Germania di superare i momenti difficili del Mondiale, dal Ghana all’Algeria al primo tempo della finalissima… Non poteva che finire così, con l’ennesimo successo della filosofia revanscista, perché in uno sport giocato ad altissimi livelli come il calcio basta un centimetro, un decimo di secondo, quello che ti può dare la testa più che la gamba. Quello che Schweinsteiger ha dimostrato di possedere, Messi e Higuain ancora no.
di Luca STACUL (Twitter @LucaStacul)
https://it.eurosport.yahoo.com/blog/eurolandia/nuovo-schweinsteiger-%C3%A8-guerriero-imbattibile-132914860--sow.html
Florian67- Messaggi : 1389
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Re: Bastian Schweinsteiger
Adesso lo vogliamo capitano della nazionale!!!
schweini ultra muc- Messaggi : 548
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